Febbre e nutrizione-clinica coerente con prevenzione o terapia
Una nutrizione-clinica coerente può integrare la terapia orientata alle cause della febbre per modulare l’infiammazione con strategie alimentari atte a contenerla. La febbre è una risposta regolativa dell’organismo a stimoli endogeni o esogeni caratterizzata dall’elevazione della temperatura corporea. Come ogni risposta fisiologica, la febbre è indotta da precisi segnali del sistema nervoso centrale, la cui funzione principale consiste nella regolazione dei sistemi biologici complessi garantendo la sopravvivenza. La febbre non avviene per difetto del sistema, ma poiché il sistema la ritiene necessaria. Negli esseri umani la temperatura normale è comunemente considerata di 36,8 °C, tuttavia questo è un valore esprime solo una certa probabilità. Oltre alla variabilità individuale bisogna anche tenere conto che la temperatura corporea fluttua normalmente durante il giorno, con il livello più basso il mattino alle quattro e col più alto la sera alle diciotto. Questa fluttuazione è denominata ritmo circadiano della temperatura. La febbre dipende dalla circadianità del cortisolo e dell’asse HPA. Molti altri fattori determinano fluttuazioni del valore normale della temperatura corporea: il lavoro muscolare, le mestruazioni, l’ovulazione, l’ambiente esterno, la stagione, le attività metaboliche, lo status endocrino, le emozioni, l’entusiasmo.
La febbre è una risposta sensata nei confronti di un’esigenza biologica. Le reazioni chimiche che consentono la vita possono avvenire solamente entro un determinato intervallo di temperatura. La febbre che accompagna le malattie è pertanto parte dei meccanismi di difesa dell’organismo, in quanto a temperature più elevate avvengono miglioramenti rilevanti della sopravvivenza:
- aumento delle difese immunitarie
- inibizione della replicazione di batteri e virus
- implementazione dei processi di riparazione e rimodulazione dei tessuti
Quando si ha la febbre, tutto l’organismo è proteso a guarire e fisiologicamente non si ha bisogno di mangiare, di muoversi, di agire o di prendere decisioni. Generalmente contrastare la febbre in terapia senza chiedersi se ciò aiuta veramente il malato, non è una strategia terapeutica particolarmente perspicace. Purtroppo questa è però diventata una prassi paradossalmente proprio nei paesi caratterizzati dai sistemi sanitari più evoluti.
Trattare farmacologicamente la febbre è sicuramente indicato in casi particolari come in quei bambini piccoli che manifestano rischio di convulsioni se hanno febbre elevata. Altrettanto richiede trattamento farmacologico malati particolarmente deboli, che evidenziano un grave disagio dall’elevazione della temperatura corporea. I farmaci utilizzati sono denominati antipiretici. Nella maggior parte delle circostanze la terapia antipiretica, non favorisce la guarigione interferendo in una reazione biologica coerente alla soluzione di una malattia. La terapia si dovrebbe orientare alle cause piuttosto che abbassare la risposta febbrile.
Una nutrizione-clinica coerente può integrare le terapie causali della febbre per modulare l’infiammazione con strategie alimentari atte a contenerla. In tale contesto è necessario anche contrastare l’acidosi associata all’infiammazione e alla febbre. Le abitudini alimentari interferiscono in modo significativo con il corretto equilibrio del cortisolo. Stress e nutrizione-clinica inadeguata comportano, infatti, una disregolazione anche del ritmo circadiano dei glucocorticoidi. Il cortisolo dovrebbe esprimere la sua acrofase circadiana intorno alle nove del mattino e la sua batifase circadiana a mezzanotte. Alla presenza di stress sia endogeno, sia esogeno e a ritmi alimentari non coerenti, si assiste a un’alterazione dell’asse HPA. Questa è caratterizzata da perdita d’equilibrio tra gli ormoni CRH, ACTH e cortisolo. Gli effetti negativi di una circadianità perduta cortisolo e delle alterate retroazioni ormonali facilitano la risposta infiammatoria. Una nutrizione-clinica che consideri le retroazioni ormonali implicae determina anche una migliore risposta immunitaria e un recupero dei corretti feed back regolativi per il malato. La nutrizione-clinica integra la terapia malattie che producono febbre e può interferire favorevolmente tramite il ripristino dei feedback ormonali, contribuendo in tal modo a migliore gestione del paziente. Alla presenza uno stile di vita dettato dalla pubblicità e dalle abitudini o male intese tradizioni, si assiste a un’alterazione dell’asse HPA. La nutrizione-clinica coerente è uno strumento rilevante anche nella prevenzione oltre che nella cure di molte malattie. Cibo e terapia sono interconnessi da precisi rapporti ormonali, biochimici e metabolici. Il trattamento tramite nutrizione-clinica è integrativo e non sostituitivo di altri strumenti di terapia. Si consiglia di rivolgersi a un medico, verificando l’iscrizione dell’operatore presso l’Ordine dei Medici. La strumentazione per eseguire l’ analisi della composizione corporea è la premessa per un lavoro efficace. Il trattamento in nutrizione-clinica del paziente non si contrappone ne sostituisce le linee guida della medicina convenzionale, ma al contrario stabilisce con esse una virtuosa collaborazione e una straordinaria opportunità anche a livello di prevenzione.
Dott. Fabio Elvio Farello