Tristezza e nutrizione-clinica coerente con prevenzione e terapia
Nella tristezza è utile una nutrizione-clinica coerente con il trattamento, che consideri la circadianità del cortisolo e sia ricca di cibo a PRAL negativo. La parola “ depressione ” spesso associata alla tristezza indica sia una patologia delle emozioni appartenente alle nevrosi, sia una patologia della mente appartenente alle psicosi. La nutrizione-clinica può essere un supporto principalemente per il paziente affetto da quella forma connessa a nevrosi. Si tratta di una lesione della capacità di un individuo nell’ occuparsi bastevolmente di sé. Dalla tristezza in oggetto devono essere distinte le forme depressive connesse a psicosi. La tristezza come diasagio emotivo è determinata dall’incapacità e dalla rassegnazione del paziente che culmina in una melanconia profonda con abbandono delle cure e attenzioni rivolte in precedenza a se stesso. Talvolta questo campo emozionale è scatenato da un evento risentito come” minaccia al proprio nido” e in tal caso si descrive come tristezza reattiva. Il lutto, la perdita, il fallimento, la separazione, la perdita di ruolo sociale o il pensionamento possono essere risentiti come una disgregazione del “nido” in senso figurato, in tal modo scatenando la tristezza.
Indicatori della tristezza sono i seguenti sintomi:
- diminuzione di interesse o piacere per le attività
- perdita o aumento di peso
- insonnia o ipersonnia
- agitazione o rallentamento psicomotorio
- astenia
- disforia
- difficoltà alla concentrazione
- difficoltà a decidere
- melanconia
- isolamento sociale
- disagi somatici associati
La tristezza è una frequente causa di disfunzionalità nei paesi ad alto tenore di vita e precede talvolta malattia somatiche anche impegnative. La prevalenza della tristezza tende a elevarsi con la maggiore età, evidenziando che lo stile di vita di alcune società esclude gli anziani dalla partecipazione e dal piacere di vivere. Il trend osservato per la tristezza negli ultimi anni è caratterizzato inoltre da un progressivo abbassamento dell’età con rischio depressivo, includendo nell’isolamento tipico dell’anziano, fasce di età che non dovrebbero essere considerate tali. La tristezza in questi pseudo – anziani non è una difficoltà ad accettare il decadimento fisico e psicologico come fenomeni naturali, ma l’esternalizzazione dalla società di coloro che dalla stessa non sono più ritenuti utili. Le cause del campo emozionale che ingenera tristezza sono molteplici e diverse scuole di pensiero si contrappongono in merito. Concorrono in misura diversa alla tristezza cause genetiche, psicologiche, somatiche, sociali, biologiche, iatrogene e alimentari. Meglio è accettare una multicausalità della tristezza con prevalenza diversa nel singolo caso.
Sul piano ormonale vari studi hanno confermato che eventi risentiti come depressivi, soprattutto se prolungati nel tempo, sono in grado di ridurre il tasso di alcuni neurotrasmettitori come la serotonina e la noradrenalina e d’iperattivare l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene con conseguente aumento del cortisolo nel sangue. È quindi chiaro come la tristezza sia una malattia complessa, dovuta a più cause e legata a una complessa rete di sistemi neurali. Oltre certi limiti la risposta in tristezza non è più idonea alla gestione sensata di un evento, ma diviene una condizione caratterizzata da sofferenza talvolta anche notevole. In tal caso è necessario un trattamento. La terapia convenzionale consiste nella prescrizione di psicofarmaci e/o psicoterapia. La nutrizione-clinica può svolgere un ruolo nel trattamento.
Sul piano corporale la tristezza comporta una alterazione dell’asse HPA con conseguente aumento del cortisolo nel sangue e riduzione di neurotrasmettitori come la serotonina e la noradrenalina Questa risposta endocrina è caratterizzata da feedback regolativi, interconnessi anche all’alimentazione per via della secrezione d’insulina. Il rilascio a livello cerebrale di CRH nell’ipotalamo e noradrenalina nel locus coeruleus determina oltre alla stimolazione delle surrenali e all’instaurazione di un rapporto sfavorevole tra secrezione di cortisolo e DHEA, anche l’inibizione della secrezione d’insulina. Tali interazioni coinvolgono anche l’amigdala mediatrice della memoria emotiva.
Una nutrizione-clinica coerente con il trattamento correggendo le retroazioni ormonali indicate tramite un equilibrio di carichi, comporta un benessere fisico e un equilibrio ormonale. Tale condizione corrisponde a una modulazione favorevole anche della tristezza. Il paziente alimentato con una sequenza nutrizionale, corretta da rapporti glicemici commisurati alla circadianità del cortisolo, non perde massa magra. La conservazione della massa magra o la sua implementazione coincidono con un maggiore benessere anche emozionale. I conflitti biologici affrontati nella vita sono ovviamente sempre gli stessi, ma la capacità emotiva di gestire tali conflitti è implementata. L’alimentazione e tristezza sono interconnessi da rapporti ormonali precisi a volte favorevoli a volte meno. La nutrizione-clinica può ristabilire tali rapporti favorendo tramite i feedback ormonali anche uno stato di equilibrio emotivo.
La nutrizione-clinica coerente con il trattamento non è applicata solo al fine di ottimizzare il peso forma, ma sopratutto per contenere la risposta infiammatoria e la acidificazione associata a molte patologie. Si tratta di una metodica complessa che considera la scelta del cibo e dello stile di vita parte integrante di una terapia. Una nutrizione-clinica coerente con il trattamento si associa efficacemente a terapia farmacologica consentendo di ridurne il dosaggio, motivo evidente per il quale è spesso banalizzata e trascurata nelle prescrizioni. Il trattamento tramite nutrizione-clinica è integrativo e non sostitutivo di altri strumenti di terapia. Si consiglia di rivolgersi a un medico, verificando l’iscrizione dell’operatore presso Ordine dei Medici, assicurandosi che operi le scelte in terapia tramite l’ analisi della composizione corporea. Il trattamento in nutrizione-clinica del paziente non si contrappone ne sostituisce le linee guida della medicina convenzionale, ma al contrario stabilisce con esse una virtuosa collaborazione e una straordinaria opportunità anche a livello di prevenzione.
Dott. Fabio Elvio Farello