Onicofagia e nutrizione-clinica coerente con il trattamento
Nell’ onicofagia una nutrizione-clinica che consideri la circadiantià del cortisolo e il PRAL degli alimenti modula le alterazioni endocrine e emozionali che alimentano il disturbo. L’ onicofagia è un comportamento caratterizzato dalla compulsione a mangiare le proprie unghie delle mani. L’ onicofagia è consequenziale a stress emozionale e può essere anche un sintomo di malattie psichiche o mentali più importanti. L’ onicofagia colpisce percentualmente più adolescenti e bambini ed è valutata molto differentemente secondo la cultura e le regole sociali applicate. L’ onicofagia è più comune nel sesso maschile che in quello femminile. il paziente affetto da onicofagia può estendere la compulsione oltre le unghie e mangiare anche la pelle e le cuticole circostanti, causando lesione caratteristiche riconoscibili e talvolta motivo di vergogna. Nell’ onicofagia Infezioni micotiche, virali o batteriche sulla lesione possono con il tempo aggravare il quadro.
L’ onicofagia può provocare il trasferimento di microrganismi dalla superficie dell’unghia alla bocca. Si riscontra anche un trasferimento in direzione opposta. Il paziente con onicofagia può trasferire per la sua compulsione microbi dalla bocca alle dita. Biologicamente queste due categorie tissulari appartengono entrambe a quelle implicate nella collera naturale ovvero il morso e il graffio. Il trasferimento di microrganismo è pertanto possibile anche per la coincidenza delle aree cerebrali deputate al comando di comportamenti aggressivi.
L’onicofagia appartiene per i tessuti coinvolti e per la qualità della pulsione espressa al campo emozionale ipocollera. La collera in etologia definisce l’impulso istintuale violento indirizzato al procacciamento di cibo, a garantire la sopravvivenza o la sicurezza ambientale. L’aggressività è dunque funzionale alla soddisfazione di obiettivi biologici primari: auto sostentamento, riproduzione e possesso territoriale. La collera a livello umano tracima talvolta oltre le applicazioni bilanciate osservate nel regno animale. L’escursione emotiva umana è maggiore e pertanto anche le possibili sofferenze. Il campo emozionale ipocollera è implicato nell’onicofagia, perché rappresenta l’impossibilità a esprimerla. Il paziente affetto da onicofagia distrugge i tessuti espressivi della collera per un’inibizione dei comportamenti connessi. La pulsione a graffiare o mordere è eccessiva oppure non può essere espressa. Il comportamento rappresenta in tal senso una soluzione inconscia alla sofferenza dell’anima connessa.
Talvolta si trascura l’ onicofagia per la sua scarsa pericolosità. Non di meno l’ onicofagia coinvolge il paziente e può determinare la necessità di una terapia. La medicina convenzionale impiega a tal scopo la psicoterapia o nei casi più gravi l’impiego di farmaci appartenenti alla categoria degli antidepressivi, usati anche nella cura della tricotillomania. Anche piccole quantità di antipsicotici sono usati con la stessa indicazione. La serotonina può essere coinvolta nell’impulso del mordere e nei processi compulsivi. L’uso di psicofarmaci è, però, da considerare però con estrema cautela per la mancanza di una proporzione corretta tra disturbo e strumento di terapia. Si possono impiegare anche farmaci a uso topico con l’indicazione di prevenire infezioni e scoraggiare l’onicofago tramite un cattivo sapore.
La nutrizione-clinica può svolgere un ruolo nel trattamento delle alterazioni dei campi emozionali che alimentano la onicofagia. Una buona anamnesi e una visita medica sono essenziali per la diagnosi iniziale e sopratutto per escludere qualunque malattia organica, che possa provocare o peggiorare gli stessi sintomi. Secondo la nutrizione-clinica la perdita di un equilibrio emotivo comporta una alterazione dell’asse HPA con conseguente aumento del cortisolo nel sangue e una alterazione dei neurotrasmettitori specifici. Questa risposta endocrina e metabolica è caratterizzata da feedback regolativi, interconnessi anche alla alimentazione per via della secrezione d’insulina. Il rilascio a livello cerebrale di CRH nell’ipotalamo e noradrenalina nel locus coeruleus determina oltre alla stimolazione delle surrenali e all’instaurazione di un rapporto sfavorevole tra secrezione di cortisolo e DHEA, anche l’inibizione della secrezione d’insulina. Tali interazioni coinvolgono anche l’amigdala mediatrice della memoria emotiva. Un’alimentazione corretta tramite la nutrizione-clinica clinca secondo le retroazioni ormonali indicate oltre a comportare un equilibrio di carichi e pertanto benessere fisico, determina anche migliore equilibrio ormonale. Tale condizione corrisponde a una modulazione favorevole dello status emotivo. Sebbene l’ onicofagia sia connessa ad uno specifico conflitto biologico per ogni singolo paziente, la condizione metabolica ed endocrina interferisce in tutti i pazienti con l’intensità d’ espressione. Il paziente alimentato in nutrizione-clinica con una sequenza nutrizionale, corretta da rapporti glicemici commisurati alla circadianità del cortisolo e soprattutto che non perde massa magra, soffre infatti meno anche sul piano emozionale. I conflitti biologici affrontati nella vita dal paziente sono ovviamente sempre gli stessi, ma la capacità di gestire tali conflitti è implementata. La nutrizione-clinica, l’alterazione emotiva e onicofagia sono interconnessi da precisi rapporti ormonali, biochimici e metabolici.
La nutrizione-clinica coerente con il trattamento non è applicata solo al fine di ottimizzare il peso forma, ma sopratutto per contenere la risposta infiammatoria e la acidificazione associata a molte patologie. Si tratta di una metodica complessa che considera la scelta del cibo e dello stile di vita parte integrante di una terapia. Una nutrizione-clinica coerente con il trattamento si associa efficacemente a terapia farmacologica consentendo di ridurne il dosaggio, motivo evidente per il quale è spesso banalizzata e trascurata nelle prescrizioni. Il trattamento tramite nutrizione-clinica è integrativo e non sostitutivo di altri strumenti di terapia. Si consiglia di rivolgersi a un medico, verificando l’iscrizione dell’operatore presso Ordine dei Medici, assicurandosi che operi le scelte in terapia tramite l’ analisi della composizione corporea. Il trattamento in nutrizione-clinica del paziente non si contrappone ne sostituisce le linee guida della medicina convenzionale, ma al contrario stabilisce con esse una virtuosa collaborazione e una straordinaria opportunità anche a livello di prevenzione.
Dott. Fabio Elvio Farello